Eccomi a casa, la mia vera casa, quella dove sono cresciuta e che sempre sarà imbevuta nel profondo dei miei sogni, ricordi e progetti. L'aria sottile che l'attraversa, grande casa antica e solare, suscita in me sempre emozioni, anche nostalgiche, ma sempre dolci e piacevoli. Qui sembra che il tempo si sia fermato, che lei sia sempre uguale a se stessa in attesa di... me.
In realtà, io mi sento così. Spiego meglio: è come se avessi due vite, una qua, che ho lasciato in stand-by 4 anni fa, e che riprendo occasionalmente ogni volta che torno; l'altra, invece, sta là, dall'altra parte del mare, con il mio lavoro, i miei pochi amici-colleghi, la casa che là abito, la mia nuova famiglia laggiù, composta anche dai mici, quella vita che insomma sto cercando di costruisce ad immagine e somiglianza di sogni e desideri.
Le due vite viaggiano parallele, una ricomincia quando l'altra viene messa in attesa, da una parte all'altra del mare.
Ogni volta, questo passaggio non esula da forti emozioni e, direi, quasi da dolore. Non so dire esattamente perché, so soltanto che così è.
Sarà forse che qui, nonostante la mia sensazione, le cose cambiano, le persone invecchiano ed io mi sento in colpa per non esserci e non poter star dietro a mia madre che comincia ad essere piuttosto avanti con gli anni.
Sarà forse che là mi sento al mio posto, nonostante le tante difficoltà, e sono più propensa a conoscere, ad imparare, a fare, a costruire.
Qui, non so, c'è acquiescenza (da parte mia, s'intende).
Difficile da spiegare, veramente difficile. Sarà che alla fin fine, io, sono scappata. Sono scappata per mettermi alla prova. Avevo bisogno di dimostrare a me stessa d'essere abbastanza in gamba per cavarmela da sola. Insomma, avevo bisogno di aria nuova, visto che qui non riuscivo più a respirare.
A volte, però, penso d'aver soltanto cercato di scappare da me stessa, dalle mie insicurezze, dai miei sensi di colpa. Sarà che quando sono qui ho più tempo per riflettere, per arrovellarmi il cervello su questo e quello, su quel che ho fatto e non avrei dovuto, su quel che avrei dovuto fare e che non ho fatto, sull'età che avanza e sulle mie sconfitte... pessima cosa, insomma.
Eppure qui l'aria è così dolce, fresca, pulita, anche quando la temperatura sale e si arriva ai 40°C all'ombra... Sempre così, a conti fatti. Ho di nuovo bisogno di stimoli. Ho bisogno della sensazione chiara e netta di costruire qualcosa di serio e duraturo, e di sfuggire al pessimismo che qui si respira. Non c'è mai stata lotta, qua, non saprei spiegare perché, ed io voglio lottare.
Voglio poter credere che ancora ci sia qualcosa da fare, qualcosa in cui credere, qualcosa in cui sperare.
sabato, luglio 08, 2006
lunedì, maggio 29, 2006
Fastidi
In questi giorni non sopporto la gente. Anzi, per essere precisa, non reggo la stupidità umana. La stupidità è applicabile solo agli umani, perché, sinceramente, non ho mai incontrato animali stupidi. Mi pare una contraddizione in termini. Cmq, il busillis è altro. Sono infastidita dal piglio sicuro che la stupidità pura dimostra, esibisce, ci sbatte in faccia quotidianamente. Sicuramente, non conoscendomi, mi si interpreterebbe come snob. E forse un po' snob lo sono. Non sul lavoro. Non sarebbe professionale. Ma, nel privato, mi concedo d'essere selettiva, un lusso che, lo ammetto, mi sto concendendo da molto poco. Forse avrei dovuto cominciare prima... mi frega la curiosità verso l'umano. Sono convinta che chiunque abbia qualcosa da offrirmi, ed io stessa d'avere qualcosa da offrire agli altri...A volte il contatto c'è, a volte no... le ragioni? tante, infinite. Ma sto divangando. Da qualche giorno coltivo alcune nuove conoscenze, molto diverse tra loro. Hanno destato un certo interesse in me, per restar sul vago, interesse che va oltre la mera curiosità. Come mio solito, mi esalto. E poi... l'entusiamo scema. Non so perché, a parte il caso estremo (quello che spiega il mio incipit), forse sono io, forse sono loro, forse sono le aspettative. Vado a letto. Ci penserò. Mi auguro che il sonno porti via questo fastidio... e la supponente stupidità di chi mi ha offeso stasera.
mercoledì, maggio 17, 2006
Un ritorno...
Causa un pazzesco attacco allergico, oggi sono a casa. Nessuna corsa pazza in auto da una parte all'altra della capitale, nessuna fila infinita di clienti con bisogni e domande che nemmeno essi stessi riescono a spiegarsi. Niente di niente. Solo una serie di starnuti e il silenzio e la pace della casa... pace? silenzio? i mici hanno pisolato fino a che il sole non ha smesso di scaldare il giardino, poi hanno cominciato a fare i diavoli per casa. Uff... creature adorabili, non ci sono dubbi, anche se poi cercano di usare cavi come liane, ripiani di scaffali come appigli, caminetti come camminamenti di ronda, etc etc... ho goduto dell'adsl ritrovata. Ho imperversato su raiclick (e forse non si dovrebbe dire), ho scritto qualche mails (ma non troppe... mi sento in ascolto, più che in fase esplicativa), ho sonoramente poltrito in compagnia del mio fido raffreddore allergico e della conseguente tosse.
E così mi sono ricordata d'avere un blog, poco visto, poco vissuto, direi dimenticato. Mi sono ricordata solo per via di Lucky. Curioso?
Mancanza di tempo e vita frenetica mi impediscono di starci dietro come vorrei. Mi impediscono di fare qualsiasi altra cosa oltre lavorare. Questo potrebbe essere un qualcosa su cui riflettere.
Attorno a me la gente si agita per vivere, ed io mi concentro a sopravvivere.
La gente si sposa, la gente fa figli, la gente si sistema. Io mi costruisco giorno per giorno.
Ho sempre più acuta in me la sensazione di essere "diversa", profondamente ed indelebilmente.
In cosa consista, non saprei. So soltanto che passano gli anni, ma continuo a sentirmi sempre più giovane...
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